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THE REMOTE VIEWER

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THE REMOTE VIEWERS Low Shapes In Dark Heat Chiunque ricordi il suono dei B-Shops For the Poor avrà in mente l'impatto provocato dalla sezione fiatistica, quel serpentone di sassofoni spigolosi e dirompenti, rapidi nel muoversi nei condotti delle partiture, pronti a cibarsi di scatole ritmiche e chitarre gracchianti, vettori di terribili premonizioni. Ebbene, adesso tre esponenti della congrega, Dave Petts, Louise Petts e Adran Northover, hanno formato un'entità parallela, al pari di altre già sorte da tempo (i mille progetti di Jon Dobie e John Edwards, I Mass Producers, gli stessi Poison Cabinet). Una formazione con le idee chiare e senza dubbi sull'opportunità di continuare la navigazione, se è vero che è quasi pronto un nuovo cd ("Obliques Before Pale Skin", sempre per la Leo Lab) e che si stà pianificando un tour - anche in Italia entro l'anno. La direzione del terzetto marca una certa divensità rispetto alla casa madre: c'è meno esasperazione ritmica non si odono congegni a tempo o metri sintetici sul fondo non si agitano fili elettrici impazziti. Sotto la copertina color stalker del cd incombe invece un clima freddissimo, i suoni sembrano distanti anni luce, frutto d'intelligenze di chissà quale civiltà, lucida trasposizione del testo di Louise Petts che titola l'album. Tenuto conto della strumentazione (tre sassofoni, synth analogici, voce) il risultato offerto in questi dodici brani è piuttosto atipico, perlomeno rispetto ad analoghi menù a base di fiati. La musica, perlopiù scritta, non genera scie corali o temi come un sol sax, ma è piuttosto un susseguirsi di frasi corte, note staccate, a incastro, ripetizioni meccaniche. L'insieme delle quali però come avveniva nella daxophone band di Hans Reichel (la citazione non è casuale) - pare miracolosamente ricomporsi in spezzoni melodici, fanfare bonsai, malinconiche sequenze senza gravità. Una serie di quadretti per i quali pare azzeccata la definizione di avantgarde from outerspace, utile anche per gli episodi cantati: I Sun Ra di "Astro Black" sembra eseguito da una Petts in stato di ibernazione e la sinatriana "It Was a Very Good Year" risuona come se a darle voce fosse davvero una affascinante e sperduta "astronaut girl".

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