THE SOFT BOYS "Underwater Moonlight" Lo avevamo timidamente ipotizzato lo scorso anno, all'uscita del disco di Kimberley Rew ("Tunnel Into Summer") con Robyn Hitchcock e Andy Metcalfe: i Soft Boys si riuniranno, almeno per un lungo tour, che girerà l'America per tre settimane con una successiva propaggine europea in primavera. La formazione non sarà tuttavia quella originaria con Metcalfe, bensì la successiva, con Matthew Seligman al basso e Morris Windsor (che avevamo dato per disperso...) alla batteria. Ovvero il mitico quartetto di "Underwater Moonlight", secondo album e vertice assoluto della breve discografia dei "ragazzi soffici", che arrivarono a sconvolgere le aspettative della scena new wave con la loro proposta graffiante e melodica, un suono che derivava dal culto delle "quattro B" (Beatles, Barrett, Byrds, Beefheart) e she, malcompreso all'epoca, doveva segnare il futuro della musica inglese in modo indelebile. Accade inoltre che, ogni volta che questo capolavoro viene ristampato, la sua durata raddoppia. Ecco allora un'inimmaginabile formato di doppio CD (o triplo LP!) rallegrare i fans come una Pasqua fuori stagione: entrando nei dettagli, il primo CD ripropone l'edizione Rykodisc, cioè i dieci brani dell'LP originale, i sette tratti da "Two Halves For The Price Of One", e "Dreams"; quest'ultima era il retro del singolo "He's A Reptile", anch'essa, per la prima volta, inclusa. La scaletta a 19 pioli così composta è filologicamente la piu corretta, comprendendo le sessions complete dell'album, e di per sé non dovrebbe mancare in nessuna collezione di dischi rock degna di questo nome. Ma non è finita qui, perché ad "Underwater Moonlight" è ora abbinato "...And How It Got There", raccolta di nastri di qualità sonora approssimativa, ma musicalmente eccelsa e ricca di inediti, che documenta il lavoro svolto, nel 1979, in presa diretta in uno studio di Cambridge, la Boathouse, in pratica una serie di schizzi preparatori per l'album che sarebbe uscito l'anno seguente. Sfilano come diamanti grezzi quasi tutti i classici del disco, la scurissima "Old Pervert" (suddivisa in quattro sezioni sparpagliate qua e là), la nervosa e già perfetta "Insanely Jealous", la title track, storia di una coppia di innamorati inghiottita dal mare, gotica e romantica come solo Robyn sa scriverne. Tra gli "hits invisibili" del periodo mancherebbero solo "I Wanna Destroy You" e "Kingdom Of Love", in compenso sono molto interessanti quasi tutte le canzoni poi abbandonate, come la dylaniana "She Wears My Hair" o la strumentale "Cherries", che forse fornisce uno spunto embrionale per "You'll Have to Go Sideways"; e ancora, più sorprendente di tutti, l'appassionata ed intelligente cover di "Over You", da "Flesh+Blood" dei Roxy Music, che raffrontata alla floydiana "Vegetable Man" sul primo CD mette in completo risalto l'ampiezza prospettica dell'arte di Hitchcock e compagni.