Dopo aver trionfato ai Grammy Awards del 2018,
aggiudicandosi il premio Best Rock Album per “A Deeper Understanding”,
THE WAR ON DRUGS, la indie rock band statunitense capeggiata da Adam Granduciel,
sono pronti a fare ritorno in Italia con il loro quinto album in studio,
“I Don’t Live Here Anymore” in uscita quest’anno.
Nell’ultimo lavoro, “A Deeper Understanding”, in vetta alle classifiche mondiali come Best Album del 2017, Adam Granduciel cantava di voler "trovare ciò che non può essere trovato". In un certo senso, la storia di questa band altro non è che il racconto della continua ricerca, da parte del frontman Granduciel, di un significato più grande. La band è cresciuta ad ogni album: all'indomani di “A Deeper Understanding”, si è aggiudicata un Grammy Award per il Best Rock Album, il New Yorker l’ha definita "la migliore rock band americana di questo decennio" e i Rolling Stones hanno riconosciuto il talento di Granduciel invitandolo a mixare "Scarlet", brano frutto della loro collaborazione con Jimmy Page.
Sotto ogni punto di vista, i The War On Drugs ce l'hanno fatta. Eppure la ricerca di quel qualcosa di ineffabile continua. Dopo la pubblicazione di quattro album in studio di fila negli anni 2010, è arrivato il momento di una nuova dichiarazione per il nuovo decennio.
Quando riflette sulla realizzazione di “I Don't Live Here Anymore”, Granduciel parla del contributo dato dai suoi compagni di band e dal fidato co-produttore e ingegnere, Shawn Everett. Questo non corrisponde esattamente all’immaginario della band, dove Granduciel è tipicamente ritratto come il genio solitario dello studio che persegue diligentemente la creazione di capolavori rock. Basti ripensare alla copertina del loro album del 2014, “Lost In The Dream”, dove il leader della band è ritratto in piedi di profilo, pensieroso ma determinato.
I momenti più rilevanti nella creazione di “I Don't Live Here Anymore” non sono però quelli solitari, ma quelli in cui la band è riunita. Granduciel racconta che le nuove canzoni hanno ricreato quello stesso senso di comunità che aveva forgiato la band. "Mi ha ricordato tutte le cose che amo del fare musica", dice, "collaborare con i miei amici e far brillare tutti".
Come canta Granduciel in "Harmonia's Dream", "a volte andare avanti è l'unico modo per tornare indietro". Per The War On Drugs, il percorso in avanti è iniziato con il ritorno al nucleo originale con Granduciel, il bassista Dave Hartley e il polistrumentista Anthony LaMarca. A marzo 2018 il trio si è ritirato nello stato di New York per creare i nuovi brani e acuire il loro legame.
"A volte devi semplicemente allontanarti dai ruoli prestabiliti che ogni membro della band svolge durante i live", spiega Granduciel. Queste sessioni si sono rivelate altamente produttive, portando alla luce alcune delle canzoni più orecchiabili e immediate dell’album, tra cui “Change” e “I Don’t Wanna Wait”.
Un’odissea durata tre anni: “I Don't Live Here Anymore” è stato realizzato, tra New York City e Los Angeles, dal 2018 fino all'inizio del 2021 facendo tappa in studi iconici come l’Electric Lady del Greenwich Village e l’Electro Vox di Hollywood.
Una delle sessioni più memorabili è stata registrata all'Electro-Vox a maggio 2019: l'intera band - arricchita dal tastierista Robbie Bennett, dal batterista Charlie Hall e dal sassofonista Jon Natchez - si è riunita per registrare l'emozionante traccia di apertura e primo singolo tratto da “I Don't Live Here Anymore”, "Living Proof”. La band ha attinto dalla sua chimica live per evocare una magia estemporanea.
Le canzoni di “I Don't Live Here Anymore” non parlano specificamente della pandemia, ma di una nuova fase della vita, di un nuovo orizzonte a cui guardare con un misto di paura ed eccitazione.
Questi sentimenti non sono esplorati dalla band solo attraverso i testi, il sound stesso di “I Don't Live Here Anymore” cattura l'esilarante incertezza di muovere i primi passi in un mondo nuovo e più grande. Musicalmente, questo è l'album di War On Drugs più travolgente e ottimista di sempre. Il tipo di musica che vorresti suonare con i tuoi amici, mentre ti prepari contro qualunque cosa stia arrivando.
Naturalmente non mancano le ballate introspettive che hanno reso famosa la band, come “Rings Around My Fathers Eyes” e la splendida “Occasional Rain”, che Granduciel considera la sua preferita. All’interno anche brani electro pop come “Victim” , o “Wasted” , che risuona come un outtake perduto di “Born In The U.S.A.”. La title track, disseminata di riferimenti a Dylan, suona come se fosse stata progettata in un laboratorio per scuotere le travi in un'arena.
Come sempre, Granduciel è un maestro nel creare momenti singolari che ti tolgono il fiato: primo fra tutti l'assolo di chitarra in "I Don't Wanna Wait”, la splendida coda per pianoforte di "Change” o i cori sensuali in "I Don't Live Here Anymore".E poi c'è la batteria di "Old Skin": il momento migliore e più edificante dell’intero disco.
A volte ascolti un disco che ti fa sentire, anche se solo per un'ora o giù di lì, invincibile. “I Don't Live Here Anymore” è quel tipo di disco.