“Distractions” non è comunque da considerarsi un “lockdown album”, come chiarisce lo stesso Stuart Staples:“I think the confinement provided an opportunity for something that was already happening. It is definitely a part of the album, but not a reaction to it.”
I tre brani “presi in prestito” da altri artisti si innestano alla perfezione nel cuore di “Distractions”, senza quasi che si riesca ad avvertire un cambiamento nella scrittura e nella composizione.
La prima parte del disco è sentita e porta l’ascoltatore a partecipare attivamente all’ascolto, ma scivola via fino alle cover come acqua corrente: fresca, piacevole, ma facilmente confondibile nei ricordi e destinata a perdersi.
Le ultime due tracce sono le canzoni che ho apprezzato di più. “Tue-Moi”, cantata in francese, è una ballata sontuosa e delicata. “The Bough Bends” è il miglior brano di “Distractions” per quel che mi riguarda, uno squarcio sull’introspezione di Staples che ci conduce in un prato assolato e silenzioso dove da soli con noi stessi riusciamo a ritrovare il senso del nostro incedere fino alla fine.
“Distractions” è un’opera genuina e ispirata che pecca soltanto di scarsa originalità.