I giganti, o meglio, i reduci. Dalle bancarotte esistenziali, dalle occasioni perse, dalle illusioni volatili come foglie, dal tempo che fugge senza più tornare indietro. Tommaso Tanzini disegna una quotidianità dalla quale i sogni sono stati banditi: si entra nell’età adulta senza passare dal via, ci si accontenta di simulare una vita normale e finisce lì. A meno di non pretendere tutto e subito, cosa peraltro auspicabile a prescindere. Su cosa si intenda per vita normale, poi, il dibattito è aperto. Nessuno sconto, comunque sia, a una generazione precaria e a chi, per sbarcare il lunario, organizza “corsi di recupero post fallimento”. Eppure, alla fine si ride e si vince come dei giganti nell’arena, anche a rischio di “rimane(re) soli, per sempre”.
Tanzini riveste le sue canzoni dolci/amare ricorrendo a un suono per certi versi più ricco e meno essenziale rispetto a quello espresso in “Piena”, il disco d’esordio uscito nel 2014 che sanciva la fine dell’esperienza dei Criminal Jokers (già, la band dalla quale è uscito Francesco Motta). “Giganti”, si attesta dalle parti di un’estetica più prossima alla new wave degli anni ’80, di conseguenza la sezione ritmica è massiccia, i battiti pulsanti del basso offrono certezze, la chitarra, a volte, ricorda i tocchi di Tom Verlaine, mentre “La vita trema” finisce per pagare dazio ai Cure. Qualche oscurità di contorno, ma nel complesso il disco non è immerso nelle tenebre, anzi, le otto canzoni firmate dal cantautore pisano vivono anche di momenti di luminosità intensa, a dimostrarlo ecco una “Fantasmi” che prova a evocare certe spigolosità (forse dimenticate) espresse a piene mani a fine secolo scorso dai Gentle Waves di Isobel Campbell. Un bel disco, con un suo filo logico, a conferma che c’è vita oltre i Criminal Jokers.