TOMOKO MUKAIYAMA Hello Pop Tart (Bvhaast) Torna poi il coro femminile, ma gli ultimi minuti del movimento sono cantati con melodia appena accennata dalla pianista Tomoko Mukaiyama (alla quale Andriessen ha esplicitamente dedicato questo secondo movimento) che si accompagna al koto, e solo in un paio di punti seguita anche dai violini. Il terzo movimento è costruito volutamente sulla falsariga della Danza macabra di Saint-Saëns, con un tema lento per piano e violini e uno molto drammatico e movimentato (quasi “cinematografico”) di tutta l’orchestra. Entra infine un coro di bambini, a eseguire un macabro e scherzoso testo scritto dallo stesso Andriessen. Ritroviamo la pianista Mukaiyama in un cd a suo nome, già il secondo per l’etichetta Bvhaast, per la quale nel’94 aveva inciso un programma di sole compositrici donne (da Galina Ustvolskaya a Meredith Monk). Hello Pop Tart è un recital per piano dedicato a compositori americani, su un arco temporale molto ampio, dal 1923 al ’97. Si inizia con un pezzo celeberrimo, Aeolian Harp di Henry Cowell, nel quale il compositore inventò una nuova sonorità premendo i tasti ma suonando l’interno del piano, accarezzandone le corde come per un’arpa, e pizzicandole con le unghie con un effetto di clavicembalo. Come nota Jacqueline Oskamp nelle note, una caratteristica che ha spesso distinto la musica classico-contemporanea americana da quella europea è il rapporto della prima con le musiche popolari (non solo nel senso di folk, ma anche di musica popolare, “pop”, leggera) come fonti di ispirazione. Charles Ives ne è un esempio illustre, e nella sua rara e complessissima Celestial Railroad affiorano addirittura frammenti dell’inno americano, assieme ad altri brani popolari e ad auto-citazioni dalle sue Second Piano Sonata e Symphony no. 4. William Bolcom nella sua Graceful Ghost Rag (’70) si rifà alla forma del ragtime in modo delizioso, mentre la Winnsboro Cotton Mill Blues di Frederic Rzewski (parte delle sue North American Ballads) è rappresentativo della difficile seconda fase “politica” della sua carriera, tentando, come già Cardew, di coniugare la nuova musica con materiali “accessibili” a una fruizione non specializzata, e dalle risonanze politiche come la parafrasi del pezzo in questione, una canzone blues degli anni Trenta che descriveva le condizioni di lavoro dei lavoratori del cotone. Come osserva giustamente la Oskamp, i due compositori meno “popolari” della raccolta sono quelli che non operano abitualmente nella contemporanea, John Zorn e Frank Zappa. Di Zorn è presente un inedito dell’ ’82-’84, XIV, parte di una serie di pezzi che l’autore ha però distrutto. XIV si è salvato per caso, ed è stato raccolto da un pianista che le note non nominano. Il livello in ogni caso, se non proprio dello scarto è quello di uno sketch preparatorio, 2’19” tra un’introduzione agitata (i primi 40 secondi sono in partitura grafica) e passaggi astratti, con velate citazioni di Xenakis e Boulez. Il pezzo di Zappa fu scritto come introduzione pianistica a The Little House I Used To Live In (circa ’69), e ha invece un’atmosfera delicata e impressionistica, alla Debussy. Conclude il cd un pezzo di David Dramm scritto appositamente per la Mukaiyama nel ’97, quando questa fece parte per un breve periodo dell’ensemble di Maarten Altena, ed è una vera e propria canzone pop, anche se dalla struttura scheletrica e semi-improvvisata, dal testo post-modernista di Dramm e cantata dalla pianista (anche al synth), accompagnata con un piccolo gruppo di cui fanno parte anche Cor Fuhler (dei Palinckx e del gruppo di Altena), e il trombonista Wolter Wierbos. Il risultato è però pericolosamente “arty” nel senso poco fa ricordato. Nota di merito infine per la copertina, un triple-fold di plastica trasparente serigrafata davvero originale. (Bvhaast, Prinseneiland 99, 1013 LN Amsterdam, Holland, NL; wbk@xs4all.nl)