Che Mark Tremonti sia un dannatissimo chitarrista pieno di talento e con una mente creativa sempre al lavoro, lo si sapeva già da tempo. Basta guardare i suoi lavori storici con i Creed, i quattro album targati Alter Bridge e la sua carriera solista, per renderci conto di essere di fronte ad uno dei musicisti più prolifici degli ultimi anni. A questa innaturale rapidità di songwriting si associa una qualità mai al di sotto del livello buono, rendendo il tutto ancora più interessante. Ed è questo il principale motivo per cui l’arrivo quasi in sordina di Cauterize, secondo disco solista del chitarrista americano, spara le nostre aspettative a mille, dopo il buonissimo debutto di All I Was. In quel disco, Mark ha condensato tutto il suo amore per l’heavy/thrash più sanguigno, aggiungendovi il suo tocco sapiente nel regalare linee vocali catchy ed assoli al fulmicotone senza quella matrice malinconica/passionale che è ormai un marchio di fabbrica degli Alter Bridge. Attenzione: con questa affermazione non si vuole associare la musica solista di Tremonti a semplice "scarto" della sua band, quanto ad una sorta di sfiatatoio, da cui le linee più catchy, aggressive e libertine che vengono partorite dalla mente del chitarrista possono trovare sfogo, senza contaminare il sound ormai intoccabile del suo quartetto ufficiale. Per parlare di Cauterize dobbiamo per forza partire dai due elementi "negativi": copertina e titolo scelto sono tutt’altro che ottimi e, anche se alla fine è la sostanza che conta, ci fanno un po’ storcere il naso; diciamo che se Mark Tremonti avesse optato per la scelta originaria, di rendere title-track il brano Providence, forse sarebbe stato meglio. Ora che abbiamo snocciolato i pochissimi aspetti negativi dell’album, possiamo concentrarci su tutto quanto vi è di positivo, il che non è poco.