Il migliore dei modi per una formazione che ha fatto della pesatezza sonora e della visionarietà si traduce ovviamente in un muro di suono apparentemente monolitico ma in realtà piuttosto vario e mobile che, al tempo stesso, riassume e prosegue quella idea di space-rock tanto psych quanto heavy che molto ha significato nell’underground mondiale. Reiterazione e circolarità, pesantezze doomy, visionarietà cosmica, post-hardcore à la Breach o Isis, attitudine alla Neurosis, grammatica stoner primigenia, peso specifico da metal estremo e, insieme, leggerezzapsichedelica fanno di questo HIDDEN, ma anche dell’intera carriera del trio, un album esemplare .Melodico e aggressivo (l’opener Crookhead, già titolo dell’EP precedente, tira in ballo uno space-doom con un cantato che ricorda il compianto Layne Staley degli Alice in Chains), compatto e dinamico (accanto ai monoliti da 10 minuti Crookhead e Mausoleum, troviamo una Spidher vorticosa quasi in modalità post-hardcore), cosmico e materico (sentire la grana spessa delle chitarre in Mausoleum riappacifica col mondo).