Umberto Tricca. Il lavoro nasce stimolato dalle fascinazioni verso la musica indiana, dal coinvolgimento degli aspetti ritmici, i contrappunti delle rumbe afro-cubane, ma anche dall’interesse riguardo le sonorità della musica classica contemporanea, tutti approfondimenti intrapresi da Tricca negli ultimi anni.
Il nome del progetto trae ispirazione dalla parola sanscrita Moksha che vuol dire emancipazione e sottolinea la scelta compositiva, l’esigenza di allontanarsi da qualsiasi struttura predeterminata ricercando, elaborando tutte le possibili interazioni tra quelle tradizioni, quei linguaggi musicali, apparentemente eterogenei, con i percorsi del jazz contemporaneo. Su questo impianto progettuale Tricca mette insieme un sestetto composto da protagonisti di rilievo del jazz italiano – i sassofonisti Achille Succi e Giacomo Petrucci, il vibrafonista Nazareno Caputo, il contrabbassista Gabriele Rampi Ungar e il batterista Bernardo Guerra – formazione che non solo evidenzia una aderenza estetica alla poetica, alla scrittura di Moksha pulse ma garantisce anche quel tasso di creatività visionaria indispensabile per esaltare gli spazi liberi, le atmosfere astratte, come a caratterizzare la particolare ricerca sonora collettiva dell’intero lavoro.