Nel suo cuore, Valerie June è prima di tutto una cantautrice in grado di sfumare i confini tra generi ed ere diverse. Il risultato è un mix eclettico di folk, soul, country, R&B e blues. Fin dall’uscita dal suo primo album sotto un’etichetta Pushin’ Against A Stone (Concord Music Group, 2013), Valerie ha lavorato pazientemente al giardino delle sue canzoni, nutrendo i germogli con amore e mille attenzioni affinché sbocciassero per fiorire nel suo nuovo album The Order Of Time (2016). Alcuni dei pezzi sono spuntati da piante seminate più di dieci anni fa, altri sono inaspettatamente fioriti durante la notte, ma ognuno di essi porta in sé l’influenza del tempo. Proprio il tempo è stato tra i pensieri di Valerie ultimamente: è l’unica costante della vita, sebbene sia in costante cambiamento. È la cura di tutte le ferite, l’assassino di tutti gli uomini, finito e infinito insieme, in eterno scorrimento con inversioni e cambi di rotta, rapide improvvise che lasciano poi spazio a sprazzi di tranquillità assoluta. «Il tempo è il metronomo del ritmo della Terra», spiega la June. «Le nostre vite girano intorno a questo. I nostri cuori battono all’unisono al suono della sua canzone. Può essere una grandiosa guida nel trasformare i nostri più grandi sogni e speranze in realtà, se solo glielo permettiamo.»
E June sa bene cosa vuol dire realizzare i propri sogni. Con Pushin’ Against A Stone è passata dall’essere la perla più nascosta del Tennessee, con i suoi dischi autoprodotti, all’essere osannata dal New York Times come uno dei nuovi talenti più intriganti e completi d’America. The New Yorker è stato rapito dalla sua voce unica e stupenda, mentre Rolling Stone l’ha definita inarrestabile. La first lady Michelle Obama l’ha invitata alla Casa Bianca, e la giovane cantautrice è stata in tour con artisti come Sharon Jones & The Dap Kings, Sturgill Simpson, Norah Jones e Jake Bugg oltre ad aver preso parte ai festival di Bonnaroo, Outside Lands, Newport Folk, Hangout, ACL, Pickathon, Mountain Jam e molti altri.