Già dal titolo e dalla cover che echeggia Giordano Bruno è evidente come nell’economia dell’album sia centrale l’atmosfera esoterico-fiabesca, che prende l’immaginario di un William Blake goloso di funghetti e lo affoga in un’orgia a tinte pastello di delicatezze preraffaellite. È un’estasi mistica ma mai religiosa, spirituale sì ma senza mai sbragare in un new age accattone. Le produzioni sono fresche e attuali: guardano a un soul/r&b al crocevia tra Ghemon e JMSN ma suonano riccamente suonate, nel senso che gli strumenti ci sono e palpitano. Quindi questa blackness slavata a base di hip hop ingentilito e funk bianco è traghettata in un mondo di pop quasi prog, che guarda ai Beatles di Sgt Pepper e ai Pink Floyd di The Dark Side of the Moon più che a quella che sarebbe la sua palette abituale di riferimenti, almeno sulla carta.
Le tinte oniriche che dicevamo sono quindi rese con arrangiamenti che danno risalto a synth avvolgenti e linee di basso spesso esaltanti, quella della lisergica e peppersiana Lucy (una “funksploitaion” molto anni ’90) su tutte, siano esse digitali (Buyo) oppure analogiche (Sei acqua). Ci si spalma poi sopra un po’ di sax (Brazil) o una chitarra stiracchiata (Fuori, fuori, fuori…), qualche delicato tocco di organetto (Se acqua) o un piano adeguatamente malinconico.