Dopo undici anni di cammino, dal fronte orientale europeo esce Harvest Moon, terzo lavoro della band polacca Votum, nata a Varsavia nel 2002 ed arrivata fino ad oggi in splendida salute. La band rimanda a influenze di alto lignaggio quali Porcupine Tree e Opeth, regalandoci anche dei momenti di matrice floydiana. Scorrendo i brani, le cose che colpiscono di più sono l’uso delle controvoci, utilizzate con molto gusto, e le linee di basso complesse e molto presenti nel sound generale. Il disco ci regala una particolare alternanza di brani, taluni spinti e di rilevante potenza, altri più acustici. A volte introspettive e malinconiche, le atmosfere non possono far pensare ad altro se non al gelo , quella caratteristica che spesso riscontriamo nelle band nordiche, le quali disegnano, con le note, le emozioni dell’inverno. Le composizioni sono complesse ed articolate, ma la cosa che più colpisce è la cura meticolosa dell’arrangiamento; ogni suono percepito dà l’idea di essere stato accuratamente studiato. Pur cogliendo le chiare influenze dei gruppi prima citati, i Votum propongono comunque un lavoro molto personale, sia al livello di suono che compositivo. È una band assolutamente imprevedibile; ascoltando i brani non si riesce quasi mai a immaginare cosa accadrà dopo un feel, caratteristica che li rende assolutamente interessanti.