Clockwatchers”, opera d’esordio della giovane regista indipendente americana Jill Sprecher, è un film tutto al femminile. L’autrice traccia in modo essenziale e sensibile il ritratto di quattro ragazze qualunque che lavorano come impiegate precarie - senza aver molto da fare, senza particolare talento o ambizioni e senza alcuno stimolo ad impegnarsi - in una grande azienda dove a prevalere sono l’anonimato, la noia, la meschinità e la nevrosi: l’esatto contrario del mito dell'efficienza produttiva e dell’intraprendenza manageriale che ancora oggi fonda le basi ideologiche dell’“American Way Of Life”. Con ironia ed amarezza l’autrice si sofferma su ognuno dei suoi personaggi, analizza il loro carattere, studia i rapporti reciprochi e le relazioni con gli altri: mostra il formarsi di un gruppo di amiche legate da una condizione comune (la precarietà del lavoro, i sogni d’evasione, la speranza di trovare un senso per la propria esistenza) e da abitudini che man mano vanno consolidandosi (le serate passate insieme al bar, la solidarietà e la comprensione affettuosa), finché il gruppo lentamente si sfalda (a causa di un evento esterno e dell’ossessione persecutoria aziendale) lasciando ogni ragazza più sola, isolata dalle altre, attonita nei confronti del proprio destino. La sceneggiatura molto ben calibrata del film lascia spazio alle ottime interpretazioni di quattro giovani attrici particolarmente dotate: oltre a Parker Posey, Toni Collette (che avevamo già apprezzato in “Le Nozze Di Muriel”), Lisa Kudrov e Alanna Ubach.