Che poi, maledetti loro, riescono quasi sempre a farla franca, perché, come dicevamo più su, il mestiere c’è, e questo Ok Human potremmo pensarlo come un pegno penitenziale nel percorso liturgico che porterà al profluvio di elettricità scatenato dal prossimo disco in uscita a maggio. Uno strategico e preventivo risciacquo dell’anima caratterizzato da una manciata di canzoni quiete, dai toni morbidi e soffusi, e arrangiate ottimamente, senza esagerare, che non fai in tempo a metterle su che son già terminate. E poi con quel piglio ironico che male non fa e con quella capacità di apparire sì un tantino sfrontati ma anche rispettosi del grande passato da cui sempre i Weezer hanno tratto linfa, con – ad esempio – il primo singolo All My Favorite Songs che rende onore ai Beatles, la bella Numbers che snocciola cifre pinkfloydiane e la calma Playing My Piano che batte sui tasti del grande cantautorato degli anni Settanta di Elton John e David Bowie. Quasi un album di cover mascherate da brani originali che se da un lato sembra assecondare un tossico desiderio esibizionista, dall’altro suona delicato e deferente. Anche questa, in fondo, è una qualità. Se vogliono, i Weezer sanno fare degli ottimi pezzi pop nel senso più nobile del termine. Per dire, Aloo Gobi, come il succitato brano di lancio, è degno di un Paul McCartney ultimissima maniera. Così come non andrebbe snobbata, assolutamente, una Bird With A Broken Wing.