WITCHCRAFT Firewood I discoli del doom sono tornati. I Witchcraft ci hanno preso gusto e nella migliore tradizione degli anni '60 e '70 sfornano il loro secondo disco al secondo anno di attività. Il primo omonimo aveva sorpreso appassionati e addetti ai lavori per il suo flavour così retrò, volutamente vintage e dannatamente affascinante. Il nuovo "Firewood" non si discosta molto dal suo predecessore, presenta solo un suono più definito, meno oscuro e maggiormente articolato. È come se i quattro ragazzi svedesi abbiano voluto mettersi alla prova con un songwriting complesso, sfaccettato, aperto ad uno spettro di influenze che va dal dark sound tanto amato (Black Sabbath, Pentagram, Black Widow in primis) al doom cinereo, passando per il prog psichedelico e l'hard di matrice '70. L'atmosfera che ne viene fuori è magica e affascinante, si respira un'aria ancestrale tra le dieci tracce di questo lavoro. I riff di "If wishes were horses", "Queen of bees" e "You suffer" ci fanno immergere nei fitti boschi scandinavi, tra alberi secolari, prati verdi e dolci fiumi d'acqua. È il giusto stato d'animo per godersi una musica fuori dal tempo, volutamente vintage, focalizzata su quel periodo aureo della cultura rock che va dal 1967 al 1972. Ma sono tre decadi intere di heavy dark rock ad essere attraversate, dai tempi di Coven, Arzachel, High Tide e Dr.Z a quelli di Saint Vitus e Cathedral. D'altronde se si hanno capacità tecniche e compositive tanto spiccate ci si può permettere di tutto. La sensibilità musicale dei Witchcraft va oltre ogni limite e valica i confini della psichedelia e del progressive. Basta assaporare a piene mani i ricami acustici dipinti in "Mr. Haze", la deliziosa fuga campestre di "Merlin's daughter", le magnificenze dai tratti folk di "Sorrow evoker", uno dei brani più belli degli ultimi anni, un caleidoscopio di emozioni servito a base di chitarre acustiche ed elettriche, flauto, soavi vocalizzi e ritmiche impazzite. Un vero e proprio tributo alla spiritualità pagana insomma, celebrato con somma grazia dall'inizio alla fine, affidata alla folgorante "When the screams come", libertà sonora che si misura a base di jam esoteriche e cupe deflagrazioni elettriche. Il loro esordio rimarrà per molti un disco folgorante, ma "Firewood" non è certo da meno. Ci offre un'istantanea dei Witchcraft in fase di piena maturazione. E a chi continua a tacciarli di sterile calligrafismo consigliamo l'ascolto di questo lavoro, ne uscirà piacevolmente sconvolto. In "Firewood" intensità e passione sono ai massimi livelli. www.witchcrafthome.com