Non ci vuole molto per capire che la raccolta di canzoni di questa nuova produzione rappresenta un unicum sostanzialmente inscindibile, facente parte della medesima esperienza sensoriale e percettiva che è l’anima di “Imagine this…”, proprio perchè l’immaginazione è il perno attraverso il quale apprezzare l’evolversi di questi suoni, lo strumento che permette di modificare la modalità dell’ascolto: arriva un momento in cui ad un certo punto si smette di seguire i brani e ci si lascia andare, inseguendo solo il flusso ondoso delle vibrazioni trasmesse, accogliendo ad occhi chiusi il percorso musicale del non più giovane Holden. E’ un grande dono, è qualcosa di molto simile alla psichedelia lisergica degli anni 60, una specie di sintesi aggiornata fra lo sciamanesimo Hawkwind e le sperimentazioni digitali del secolo scorso di gente come gli Orb, con la sola differenza che ad Holden tutto questo sembra riuscire in modo molto semplice, fluido e naturale come se non vi fosse resistenza e l’accumulo ed integrazione di queste derive psych fossero parti naturalmente insite in un senso di ispirazione più ampio.