Genio contemporaneo, quello di Jamie xx – al secolo Jamie Smith, classe 1988: musicista e producer che assieme agli xx (“XX”, 2009; “Coexist”, 2012) e in solo (oltre alle produzioni e ai remix, tra cui il più importante per Gil Scott-Heron in "We're New Here", i 12” di “Far Nearer/Beat For”, 2011, “Girl/Sleep Sound”, 2014 e il singolo "All Under One Roof Raving") ha ridefinito come pochissimi altri della sua generazione gli assiomi del nuovo pop inglese. Sintetizzando le parole di Smith: dalla ricerca di una cifra e di mezzi espressivi (“XX”), la scoperta di un proprio Io artistico (“Coexist”). Step successivo la consapevolezza di sé, che nel tempo ha attraversato fasi formative trasversali; moratorie turntablism fatte di parecchio lavoro su produzioni altre, i (già citati) remix, le Boiler Room e gli Essential Mix (per la BBC: già classici). Consapevolezza e identità che in “In Colour” (Young Turks) si compiono completamente. Da qui, la realizzazione di uno spazio cromatico su cui Smith agisce, e che rappresenta la componente genetica del sound proposto: un’elettronica come anima (il nucleo garage/indie DIY) che, ancorata al corpo, tende (nostalgica, e macchiata dalla club culture) al sublime. Sicché, sulle dicotomie minimal/massive di quella che comunque rimane dance music UK, tutto è armonia. Ed estasi. Nel vibrare di linee e sub bass (“Sleep Sound”), schegge underground e sirene, frammenti ritmici e agganci dancey/melodici a scatto (“Girl”), nei loud places di “In Colour” Jamie xx fa scelte estetiche “classiche”, lavorando di sintesi sui generi, sui samples e su ogni semplice elemento compositivo; rendendosi universale e mai sfacciatamente epico. Piuttosto, celestiale (“Obvs”, “The Rest is Noise”, “Sleep Sound”). Per sinestesia, ciascun brano del disco possiede una particolare tinta (si veda il suo profilo instagram), e una sua specifica intensità cromatica. Ogni pezzo compatta un umore, un frammento notturno di Londra, del suo passato; un suo spazio interiore, uno stato esistenziale. Ogni pezzo è sintesi nuova e celebrazione indiretta di cultura dance. “Gosh” è ritorno alla culla rave anni ’90 (il capolavoro “All Under One Roof Raving”, sample dal cortometraggio “Fiorucci Made Me Hardcore” di Mark Leckey, anticipava i temi jungle lo scorso anno), stagione euforica e formativa per il Jamie pre xx. UK massive e drum'n'bass a macinare fino all’acida spinta di una sirena in orbita. L’usura dei quartieri londinesi (Brixton), stipati di Caraibi, in “There’s Gonna Be (Good Time)” - feat. Young Thug e Popcaan (sample da "Good Times" dei The Persuasions): synth di piccoli diamanti ritmici, accenni reggaeton (Major Lazer), fisica spinta r’n’b, cesellata e secca nei beat. A prescindere dal flow di Thug, che ad ascolto distratto/profano appare forzato sugli stilemi del genere, la parte strumentale contiene in sé un tesoro ricco di cromatismi.