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HALFMAN - Mirror - MusicClub numero 250
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HALFMAN - Mirror

HALFMAN - Mirror Secondo album per questo ragazzo che si nasconde dietro una maschera. Un’artista a metà tra elettronica ed infinito. “Mirror” è un 9 tracce di perfezione dance. Apre il disco l’onirica “Mystery (the wise man and the mountain)” e non si può far altro che muoversi a ritmo seguendo le onde sintetizzate che si appoggiano su improvvisi stacchi lentissimi ed echeggianti per poi ripartire velocissima tra suoni legnosi ed incalzanti ambientazioni che si fondono sul finale: 7 minuti inarrestabili. Con “Saloon (a night between friends) passiamo attraverso ripetizioni e sovrapposizioni di suoni in un’incalzante melodia beat sulla quale sarà impossibile, di nuovo, rimanere fermi. A dimostrare la maturità, ma soprattutto l’unicità di questo disco, è la terza traccia: “Nordic Walking”, cambia la melodia, cambia la velocità ma resta l’ipnosi: l’ambientazione eterea è resa dai suoni delicatissimi e lentissimi che si muovono su uno sfondo elettrico che ci lascia immobili ad ascoltare. Con gli 8 minuti di “Rebirth (awake the goodnees)” HLFMN ci stupisce ancora, ci trascina dall’altra parte del mondo, siamo in un non specificato Oriente, forse in India, forse non importa perchè la voce con cui si apre la traccia prega per la nostra rinascita. I toni hindi ed antichi della traccia d’improvviso, dal minuto 4 circa, si fondono all’elettronica per una “rinascita” assolutamente brillante ed inaspettata. Ascoltare “Glittering (sunny after rain)” ad occhi chiusi significa trovarsi davvero in una giornata di sole dopo la pioggia, i beat elettronici battono veloci e vicinissimi come quando i raggi del sole illuminano gocce d’acqua. Dopo “Nature” che finalmente rimane sulla stessa cifra di Glittering senza troppi sconvolgimenti c’è “Open Space”. Sonorità della dance anni 90 si staglia su indefiniti strumenti antichi che sembrano quasi cornamuse. Un vero e proprio capolavoro elettrico. Chiudono il disco due tracce che affermano l’identità indefinita di questo artista elettronico: “Human Anthem (I am who I am)” si torna a ballare e a muovere la testa a ritmo di una traccia che cambia ad ogni minuto confondendoci tra suoni più veloci e più alti e beat elettro serratissimi ed ancora indefiniti strumenti da un’altra epoca. “Father (don’t give me a name)” ci riconferma la personalità fortissima di HALFMAN, al quale non si può dare un nome né un’identità. L’ultima traccia parte elettricissima e cadenzata, ma come per tutte le altre tracce, d’improvviso si apre a suoni più delicati che invece di rallentarla la rendono ancora più potente oltre che ipnotica. Non c’è una traccia uguale all’altra, tutte sono diverse eppure tutte hanno la stessa capacità di far muovere rimanendo limpidissime nei suoni e negli arranger. “Mirror” è lo specchio elettronico in cui tutti vorremmo guardarci ballare. Una promessa.
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