EARTHSET - In a State of altered Unconsciousness - Seahorse Recordings
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Nati nel 2012, il quartetto bolognese degli Earthset si era già fatto le ossa producendo prima un EP d'esordio dal titolo Earthset From The Moon, dal piglio più pacatamente alternati- ve rock, ma che già metteva in mostra una variegata abilità compo- sitiva in certi frangenti e, successi- vamente, calcando i palchi del capo- luogo emiliano sino ad approdare anche ad una data a Londra presso il The Good Ship. Forti di un'esperien- za consolidata e di una verve com- positiva lucidamente complessa, i nostri approdano quest'anno al loro debutto sulla lunga durata intitolato In A State Of Altered Unconsciousness: uscito per l'eti- chetta Seahorse Recordings, il disco annovera tra i suoi collaboratori nomi come Enrico Capalbo, già inge- gnere del suono per gruppi del cali- bro di Arto Lindsay, Luca Carboni, Ofeliadorme, Francesco Guccini, Paolo Fresu e molti altri, e la pre- senza di Carlo Marrone (My Own Parasite; Carlomargot; Murder) alla direzione artistica e tecnica, il quale suona anche in alcuni dei pezzi.Titolo quanto mai profetico per carpi- re il significato intrinseco di questo esordio sulla lunga durata, In A State Of Altered Unconsciousness vuole essere un concept album atto a son- dare il mondo degli stati alterati di coscienza, intricato e vasto ambiente di ispirazione che viene tradotto in musica dai quattro bolognesi attra- verso un filo compositivo intenso e molto variegato, così come lo sono gli attimi di lucidità, disperazione o stra- niamento tipici di un'alterazione repentina di un animo in continua mutevolezza irrefrenabile. L'album si dipana attraverso stadi musicali diffe- renti, un misto di alternative rock, wave, grunge e noise per i momenti più duri e diretti, ma passando anche per più sopite stasi post-rock, acusti- ci momenti struggenti di chitarra e voce e la dolcezza del pianoforte che ogni tanto si fa strada attraverso gli onnipresenti muri sonici. Sono pro- prio i chiaroscuri eterei del pianoforte di Opening ad aprire l'album, la cui delicatezza viene poi a fondersi con la carica della successiva Drop, che viaggia tra sporcature grunge di chi- tarre ed improvvise e tecniche svolte prog eseguite con precisione. Altro elemento che salta subito all'orecchio è il particolare cantato del leader Ezio Romano, sentito nei picchi ma anche sporco e dalla disperazione velata nei momenti più calmi. The Abscence Theory propone successivamente un andazzo più spensieratamente wave, mentre la successiva rEvolution Of The Species - singolo estratto dall'al- bum ed anche primo videoclip ufficia- le del progetto - parte con una psi- chedelica marcia di chitarre riverbe- rate la quale si trasforma successiva- mente in un pezzo dal piglio decisa- mente sostenuto che viaggia su cascate di tamburi e riff variegati, mille sfaccettature musicali all'inter- no di una sola traccia; si passa facil- mente dal rock alla wave fino al post- rock giungendo ad un finale noise che mette in risalto tutta l'abilità compo- sitiva della band e quel messaggio di straniamento e dicotomie stilistico- musicali che il quartetto utilizza per confondere ed in qualche modo diso- rientare l'ascoltatore lungo il com- plesso filo conduttore che percorre l'opera. Epiphany ci regala invece un attimo di respiro con le sue atmosfe- re pacate fatte di acustici arpeggi cri- stallini a braccetto con la voce strug- gente ed ispirata di Romano, innalza- ta ulteriormente sul finale tra vortico- se chitarre stridenti, preludio alla verve rock-wave dal retrogusto punk californiano di So What!, col suo basso saltellante e ritmato attorno alla cui durezza si avvinghiano le vocals e le chitarre brillanti ma allo stesso tempo distortamente taglienti. Puramente noise è invece Skizofonìa, un vortice potente di distorsioni chi- tarristiche che parte da arabeschi cri- stallini psichedelici e chiaroscurali. Sempre più protagonista diventa, virando verso il finale dell'opera, il contributo vocale del leader, che spin- ge la sua voce in sentiti e dilanianti vocalizzi che dominano lo pseudo glam di Gone, l'anima grunge di A.S.T.R.A.Y., l'emozionale ballad di Lovecraft decorata da gocce di piano e timide pennellate di chitarra, spor- cate poi da svolazzi noise nei riempi- tivi e melanconie arpeggiate come accompagnamento al cantato sempre più versatile e viscerale, sino ad approdare al gran finale di Circle Sea, immensa nelle sue stasi post-rock, nelle melodie arpeggiate di chitarra, e successivamente nelle lacrime di piano, nelle rullate vorticose e nei vocalizzi sempre più straziati, termi- nando il tutto in un coacervo sonico di riverberi che lascia il segno vaporiz- zandosi poi nel silenzio. Album cer- vellotico e decisamente complesso nella sua seppur apparente sempli- cità, questo debutto potente e vario- pinto riesce appieno a comunicare il suo messaggio intrinseco atto a son- dare lucidamente le lande sconfinate della mente umana, mettendone in luce le diverse sfumature dolci-amare nonché ponderate ed aggressivamen- te incontrollabili attraverso un amal- gama stilistica che unisce in un abbraccio potente ed emozionale tutti i suoi undici, inseparabili tasselli.
Lorenzo Nobili
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