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SHARAZAD - Sharazad Ep - MusicClub numero 266
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SHARAZAD - Sharazad Ep

Gli Sharazad nascono come una compagnia di tre amici della provincia di Milano -Alessandro Moroni (chitarra elettrica/effet- tistica/synth/mandolino), Diego De Franco (chitarra elettrica/tastiere/synth/batte- ria/voce) e Federico Uluturk (chitarra elettrica e acustica/basso/synth/organet- to/voce)- che, un giorno, deci- dono di mettere le loro idee in musica.Esce così, dopo mesi di prove ed esperimenti il loro primo, omonimo Ep per la Lady Blue Records. Quattro tracce come manifesto per esprimere l'i- dentità musicale della band, che affonda le proprie radici nell'alternative rock e in tutte le sue molteplici accezioni: la peculiarità del gruppo sta nel- l'avvicinare sonorità tipica- mente diverse tra loro e strut- ture melodiche immediate; ne viene fuori un mix davvero interessante, che suona vinta- ge ma allo stesso tempo origi- nale. Si parte con “Dinamiche”, che subito ci trasporta nel ter- ritorio del già citato territorio alternative e della scena indi- pendente nazionale sulla linea de I Cani, per arrivare al sin- golo “Il male che fa”, in cui dalle sonorità appena ascolta- te si passa velocemente, ma con grande coerenza, a un mood decisamente rock, con un imprinting tipico del genere stoner. Con “Agosto” invece si ritorna in ambiente alternati- ve, ma ora miscelato a dovere con una buona dose di rock psichedelico. Ma è solo con la traccia che chiude il disco che si può capire la varietà di suoni tra cui sa spaziare la band: “Arvo” è infatti un pezzo stru- mentale in cui i synth e le chi- tarre effettate la fanno da padroni, mentre in sottofondo una serie di voci destabilizzano in continuazione l'ascoltatore come nei migliori pezzi psiche- delici anni '60. In definitiva, quello degli Sharazad è un disco che si pone abilmente tra il mondo indie italiano e il gusto più retrò del rock classi- co, includendo in sé tutte le mille sfumature che stanno tra i due generi. Un Ep d'esordio di tutto rispetto che, nonostante qualche aspetto ancora fresco e largamente migliorabile (come i testi, a volte forse po' banali e scontati), pone senza dubbio i fondamenti per un qualcosa di più articolato ed elaborato. A (ri)sentirci al prossimo disco. Andrea Poltronieri
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