ART BLAKEY & THE JAZZ MESSENGER "Just Coolin'"
Blue Note Records pubblicherà Just Coolin’, un inedito album registrato da Art Blakey & The Jazz Messengers l’8 marzo 1959 nel celebre primo studio di Rudy Van Gelder (allestito nel soggiorno della casa di quest’ultimo, ad Hackensack nel New Jersey). Alla seduta prese parte una formazione di Jazz Messengers che ebbe vita effimera, con Art Blakey alla batteria, Lee Morgan alla tromba, Hank Mobley al sax tenore, Bobby Timmons al pianoforte e Jymie Merritt al contrabbasso. Nell’album figurano due composizioni inedite, tra le quali “Quick Trick” (siglata da Bobby Timmons) ora disponibile in streaming e download. Just Coolin’ verrà pubblicato in CD, digitale e vinile da 180 grammi realizzato attraverso un processo interamente analogico, sulla base di un master e di una matrice curati da Kevin Gray.
La seduta di Just Coolin’ fotografa una fase della storia dei Jazz Messengers in cui il ruolo di sassofonista era in fase di transizione. La band si era appena guadagnato un posto nella storia del jazz grazie all’album Moanin’, un autentico classico in cui al sax tenore figurava Benny Golson. Nel luglio del 1959 Blakey avrebbe ingaggiato Wayne Shorter, destinato ad occupare il ruolo nella band fino al 1964.
Nel frattempo era tornato Hank Mobley, che aveva già fatto parte della prima formazione del gruppo nel 1954, ed era così apparso nell’album di debutto The Jazz Messengers At The Café Bohemia del 1955. Mobley inoltre rivestiva un ruolo fondamentale come compositore per i Messengers, e così tre dei sei brani di Just Coolin’ sono di suo pugno: “Hipsippy Blues”, “M&M” e “Just Coolin’”.
Tuttavia, cinque settimane dopo questa registrazione realizzata in studio il fondatore e produttore della Blue Note Alfred Lion decise di registrare di nuovo la band dal vivo, questa volta al leggendario Birdland di New York, catturando così – il 15 aprile del 1959 – una solida performance che comprendeva una nuova versione di quattro dei brani già registrati in studio in marzo. Alla fine, la registrazione al Birdland (che Lion pubblicò quello stesso anno come doppio album intitolato Art Blakey & The Jazz Messengers At The Jazz Corner Of The World) finì con l’avere il sopravvento sulla registrazione precedente.
“Nel 2020 è stato grande ritrovare un’altra testimonianza dei giovani Morgan, Mobley e Timmons insieme” scrive Bob Blumenthal nelle note di copertina di Just Coolin’ “La musica si era consolidata nel mese tra la registrazione in studio e il live, ma il fuoco che pervade questi sei brani ha un fascino tutto suo.”
Quest’estate, 61 anni dopo, gli appassionati di jazz in tutto il mondo avranno la possibilità di provare la stessa emozione.Art Blakey nacque l’11 ottobre del 1919 a Pittsburgh, in Pennsylvania. Già da ventenne suonava nelle big band di Fletcher Henderson e Mary Lou Williams, approdando così a New York. Grazie alla militanza nella big band di Billy Eckstine la sua fama si legò al movimento del nuovo jazz – il bebop – portandolo così a suonare con protagonisti chiamati Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Miles Davis e Thelonious Monk. Fu con quest’ultimo che Blakey incise per la prima volta su etichetta Blue Note, in occasione della seduta dell’ottobre 1947, contribuendo al debutto discografico di Monk in qualità di leader: Genius of Modern Music, Vol. 1.
A sua volta Blakey debuttò su disco come leader nel 1947 con un gruppo chiamato Jazz Messengers, ma solo nel 1954 finì con il pubblicare il suo primo album fondamentale: A Night at Birdland, con una all-star (chiamata Art Blakey Quintet) di cui facevano parte Clifford Brown, Lou Donaldson, Horace Silver e Curly Russell. L’album fu un vero manifesto del primo hard bop, un’emozionante registrazione dei migliori fra i giovani talenti che stavano indirizzando il bebop verso nuovi percorsi.
Fu insieme con Silver che Blakey fondò i Jazz Messengers, la genesi di una band longeva, che fu registrata dalla Blue Note per la prima volta dal vivo nel 1955 (At The Café Bohemia). In seguito Silver lasciò la formazione per fondare il proprio quintetto, e così Blakey resse il timone dei Jazz Messengers per il resto della sua carriera. Nel 1958 la band incise il capolavoro definitivo: in origine intitolato semplicemente Art Blakey and The Jazz Messengers, a causa del successo della prima traccia – composta dal pianista Bobby Timmons – l’album passò alla storia con il titolo Moanin’.
Sebbene Blakey registrò una serie di album da solista in cui esplorava il retaggio della percussione africana (tra questi Orgy In Rhythm, Holiday For Skins e The African Beat), The Jazz Messengers furono sempre il fulcro della sua attività, nonché il suo lascito. Negli anni per cui incisero su etichetta Blue Note, Art Blakey & The Jazz Messengers registrarono una serie di grandi album classici: da The Big Beat a A Night In Tunisia, da The Freedom Rider a Mosaic, Buhaina’s Delight, Free For All, per finire con Indestructible (l’ultimo album inciso per l’etichetta blu, nel 1964).
La vera eredità lasciata da Blakey nei 35 anni alla testa dei Jazz Messengers risiede nell’avere scoperto i più creativi giovani talenti (sia solisti che compositori), ed essersi lasciato sempre ispirare da loro. Il batterista era il loro mentore nella scuola di quell’hard bop di cui era maestro, li incoraggiava a comporre nuova musica, li lasciava liberi, per poi vederli lasciare il nido, prendere il volo e formare le loro band personali. Una lista (parziale) degli allievi di questa scuola include i nomi di Kenny Dorham, Hank Mobley, Benny Golson, Lee Morgan, Wayne Shorter, Bobby Timmons, Jymie Merritt, Freddie Hubbard, Curtis Fuller, Cedar Walton, Reggie Workman, Branford Marsalis, Wynton Marsalis, Terence Blanchard, Wallace Roney, Kenny Garrett, Javon Jackson e Mulgrew Miller. Per un elenco più completo si può visitare artblakey.com.
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